Manoscritti

Il Fondo Manoscritti è il frutto dello stratificarsi di differenti fondi la cui provenienza è riconducibile a lasciti, donazioni e acquisti susseguitisi nel corso dei secoli, non ultimo l’inglobamento del materiale documentario giunto dalle numerose biblioteche conventuali sarde, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi.
Tra i primi documenti manoscritti immessi in questo fondo meritano di essere ricordati alcuni pregevoli esemplari provenienti dalla biblioteca del convento gesuitico di Santa Croce di Cagliari (soppresso nel 1773), tra cui una “Divina Commedia” (Ms. 76) e il “Commentaria in Clementinas” di Giovanni da Legnano legato insieme alle “Additiones super Clementinas” di Giovanni Calderini (Ms. 2/1-2).
Il codice della “Divina Commedia”, che riporta l’ex libris Monserrat Rosselló, è un’autentica rarità (sec. XIV-XV). Si tratta di uno degli oltre ottocento esemplari di codici danteschi conosciuti, verosimilmente opera di un copista dell’area aretino-cortonese. L’esemplare è acefalo e mutilo di alcune carte, manca pertanto il primo canto dell’Inferno che inizia con il verso 22 del secondo canto e l’opera risulta lacunosa in più parti. Il testo, arricchito da numerose miniature, presenta due terzine aggiunte e spurie: la prima alla fine del canto XXI e l’altra alla fine del canto XXIII dell’Inferno. Il codice miniato “Commentaria in Clementinas”, datato seconda metà del XIV, contiene il commento del celebre canonista dell’Università di Bologna Giovanni da Legnano (1320 ca.-1383) alla raccolta di decreti emanati da Clemente V (1264-1314), le cosiddette “Clementine”, che costituivano una parte del Corpus iuris canonici. I commenti che seguirono alla larga diffusione di questo testo generarono non poca confusione, cosa che portò il cardinal Pedro de Luna a decidere che le “Clementine” venissero rimaneggiate; tale compito venne affidato, nella seconda metà del XIV secolo, a due esperti canonisti dell’Università di Bologna: Giovanni da Legnano e Giovanni Calderini.
Oltre che con l’incameramento del patrimio librario dei conventi soppressi, il Fondo manoscritti accrebbe nel tempo con donazioni e acquisti. Tra questi ultimi si ricorda quello di 123 volumi tra manoscritti e libri antichi e di pregio della biblioteca della famiglia Simon Guillot di Alghero, effettuato negli anni 1936-1938 dall’allora Direttrice Bianca Bruno, attraverso il quale pervennero in Biblioteca due codici membranacei del XII- XIII secolo: il “Condaghe di Santa Maria di Bonarcado” (Ms. 277) e il “Condaghe di San Nicola di Trullas” (Ms. 278).
Il termine Condaghe, derivante dalla parola greco-bizantina “kontakion”, indicava il bastone dove venivano avvolte le pergamene; lo stesso termine in seguito venne usato per indicare l’insieme di carte che legate tra loro andavano a comporre un volume, un registro.
In Sardegna, sono definiti Condaghi i registri patrimoniali compilati dagli abati o dai priori dei monasteri, di capitale importanza per lo studio della lingua sarda e per la ricostruzione della vita economica, politica e sociale della Sardegna medioevale.

Nel database di Manus Online (MOL) puoi trovare la descrizione dei manoscritti conservati nelle biblioteche italiane pubbliche, ecclesiastiche e private.